Che cos’è la resilienza
In questo particolare momento storico, in cui la pandemia da Covid-19 imperversa sulle nostre vite, il termine resilienza viene impiegato di frequente per indicare la capacità di fronteggiare mentalmente la pandemia e le sue conseguenze.
Il termine resilienza è stato preso a prestito della tecnologia dei materiali e stà ad indicare la resistenza o la rottura di un materiale sottoposto ad una prova d’urto. Analogamente in Psicologia l’essere resilienti rimanda alla capacità di resistere, di reggere nel tempo situazioni avverse, all’essere in grado di riorganizzarsi adattandosi nelle difficoltà. Essere resilienti non significa dunque solo rialzarsi ma continuare a perseguire i propri obiettivi malgrado le difficoltà. L’inverso è la fragilità, la mancanza di tenuta che porta all’immobilismo, al non poter procedere perché schiacciati del peso delle avversità. Queste definizioni possono lasciar intendere che la resilienza sia questione di capacità, intesa come ferrea volontà che alcuni soggetti sarebbero in grado di impiegare mentre altri ne sarebbero privi. Purtroppo le cose non sono così semplici, la capacità di affrontare le avversità mantenendo un buon funzionamento psichico si struttura in tempi molto precoci dell’esistenza. I soggetti resilienti non nascono tali, acquisiscono questa struttura all’interno della relazione madre-bambino, qui la mente del bambino si sviluppa e si struttura. Se lo sviluppo emotivo ha avuto modo di procedere senza situazioni disturbanti, per cause materne o ambientali, il soggetto adulto disporrà di un buon equilibrio che lo aiuterà anche nelle situazioni psicologicamente difficili. La possibilità di riparare a situazioni carenziali di sviluppo è possibile all’interno di percorsi di analisi o psicoterapia che mirano a ripristinare processi di sviluppo interrotti, in altri termini a favorire una struttura mentale ed emotiva realmente resiliente.
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